Quand un gnéra e’ trailer

acrilico su tessere di legno (15 tessere 15×15 cm cad.) montate su listelli di legno, 160 x225 cm, 2021

Protagonista è il manifesto, l’arma di seduzione delle case cinematografiche prima ancora del trailer. Quand un gnèra e’ trailer, un’espressione che richiama la babele di lingue alla maniera di Satyricon, un elogio all’uso del dialetto che il grande cineasta Fellini onorava come tesoro delle sapienza dei vecchi o come ritorno alla fanciullezza, alle radici, all’efficacia delle emozioni che suscita il vernacolare, la lingua del profondo, come il dialetto de I vitelloni, quello vagamento emiliano de La strada, quello romanesco de Le notti di Cabiria, quello della La dolce vita. Le immagini di poster cinematografici ricomposti in un’unica opera ci raccontano dell’umanità complessa incarnata dal regista e al contempo realizzano un tributo agli artisti che hanno creato opere per il Maestro. Quand un gnèra e’ trailer riprende nello stile le modalità creative del decollage di Mimmo Rotella per metterne in discussione i termini all’interno di un processo partecipato e giocoso. L’atto di appropriarsi dei volti dei grandi miti di Hollywood e di restituirne ritratti alterati e comunque sofisticati di cui era autore Rotella, viene qui riproposto da Daniela Musone in un’ottica ludica che lascia fluire le memorie stratificate del passato, aumentando ulteriormente il livello di interpretazione dello spettatore e chiamandolo al contempo ad agire. Le parti mancanti delle scritte e delle figure, lacerate dagli strappi, coinvolgono il fruitore al quale viene chiesto di completare l’opera con un esercizio di esplorazione dei propri ricordi e fantasie. Tuttavia Daniela Musone nel disfare e ricomporre manifesti e significati, va oltre e propone allo spettatore di confermare l’esito del processo mentale in un’azione fisica: l’operazione di decostruzione e riconfigurazione dell’immagine necessita una ricollocazione fisica delle tessere calamitate che si concretizza nell’opera ogni volta in un aspetto differente, vitale e in continuo movimento.

Roma calling

“Roma calling” (installazione mosaico in vetro opalino e a specchio e acrilico su pannello di legno 100x100cm, 2021)

Roma Calling è una rivisitazione dei mosaici bizantini in chiave pop. Il soggetto è la regina Elisabetta II d’Inghilterra, un importante ed iconico personaggio ispiratore di importanti avvenimenti a livello artistico. Ritratta da alcuni dei maggiori artisti a lei contemporanei, tra cui Andy Warhol a cui si deve il merito di averla trasformata in un fenomeno pop grazie alle serigrafie a colori che prendono spunto da una famosa fotografia ufficiale scattata nel 1977. La scelta del mosaico in vetro opalino che riflette figure e luce è funzionale ad apportare monumentalità all’opera e a connetterla al senso di astrazione soprannaturale con cui venivano pensati gli antichi mosaici bizantini. Nello specifico l’opera vuole essere un omaggio ed uno studio circa le magnifiche rappresentazioni del Sacello di San Zenone, uno tra i più preziosi documenti dell’arte bizantina a Roma: l’intero sacello è completamente ricoperto di mosaici su fondo oro e venne commissionato da Papa Pasquale I per raffigurare un giardino del Paradiso. Nell’opera Roma Calling la figura della Regina Elisabetta viene  resa con l’utilizzo di tessere vitree policrome secondo il modo tipico bizantino di  rendere la ieraticità e la maestosità dello sguardo dei personaggi. L’intenzione di rendere l’effetto di smaterializzazione dell’immagine che potesse portare l’accolito osservatore ad aspirare alla trascendenza solo osservando il soggetto seguendo un’idea di preghiera visiva oltre che orale. L’elemento nuovo apportato in Roma Calling è la fusione dell’incastro delle tessere in vetro con una pittura acrilica ad “effetto mosaico” che riporta simboli antichi replicati in serie secondo la tecnica del rivestimento di artigianato per pareti e mobili che richiama invece i pittogrammi di Keith Haring e il lavoro Cesare Tacchi, grande sperimentatore degli anni ‘60 appartenente alla Scuola di Piazza del Popolo la prima corrente pop che sia stata sperimentata a Roma. L’opera vuole essere una celebrazione di un grande periodo artistico di cui Roma è ricca: l’arte medievale. Spesso poco valorizzata e totalmente poco conosciuta nella città di Roma si presenta invece come  una magnifica espressione di un periodo complesso e stratificato, promotore di splendidi esempi di crescita stilistica portata avanti dalla famosa disposizione della capitale all’apertura nei confronti di influssi provenienti dall’estero e specialmente dall’oriente e da Bisanzio. 

Spaziando

“Spaziando” (installazione, acrilico e inserti di tessere specchiate su tela 150 x 50 cm)

L’opera Spaziando si presenta come una metafora dell’urgenza percepita dall’universo femminile di occupare più spazio e di allargare i propri confini e la propria sfera d’influenza.

L’opera rappresenta un tributo al movimento femminista e ad alcune artiste che hanno contribuito a renderlo grande, nella maggior parte dei casi inconsapevolmente: Frida Kahlo, una personalità controversa grande esempio di una situazione ancora vissuta da molte persone, anticonformista, piena di spirito di libertà e incastrata in una sfida ad un’indipendenza spirituale forse mai totalmente raggiunta nella sua vita, ma sicuramente nella sua arte; Aretha Franklin, incredibile cantante che con la sua forte voce ed il suo celebre Respect è diventata uno degli inni del movimento femminista e infine Yoko Ono, bislacca artista e performer che con le sue prime opere della seconda metà degli anni ’60 ha incarnato perfettamente il fermento culturale dell’universo femminile di quegli anni e dei tempi a venire.

La sequenza di icone femminili termina con un mosaico di specchi, regolari, posti a suggerire un’azione partecipata” e condivisa da tutti gli spettatori: l’azione di specchiarsi dentro l’opera.

Attraverso l’emulazione di un’azione che da sempre ha incarnato le occupazioni e la toilette dell’universo femminile, lo spettatore viene invitato a rimettere in discussione la propria interpretazione degli stereotipi grazie al riverbero della propria immagine presente nelle tessere del mosaico nell’ottica di far prendere coscienza degli innumerevoli e mutevoli modi che hanno a disposizione per manifestare la propria femminilità.

How I feel?

“How I feel?” (installazione, acrilico e matite su carta intelaiata su pannello di legno 100 x 100 cm e smartphone).

L’opera è un’installazione che nasce con l’idea di discutere la relazione tra linguaggio del corpo ed emozioni e l’interpretazione di tali emozioni da parte di un’intelligenza artificiale (AI).

Sempre più connesso alla sfera di un iper-mondo digitale l’uomo è portato a ridurre al minimo i momenti confidenziali in cui è solito riflettere sul senso intimo delle proprie reazioni emotive. Vive, spesso senza accorgersi, un radicale cambiamento del rapporto tra la sfera del sociale e quella del personale che sta acquistando l’aspetto di una cesura tra le due dimensioni.

In un futuro distopico non troppo lontano si inseriscono le AI che stanno affinano gli studi circa questo rapporto tra la sfera interna e quella esterna di un individuo: queste lavorano sul fenomeno visibile del legame interno-esterno cercando di leggere e decifrare le espressioni delle persone attraverso tecnologie avanzate e calcoli matematici che potenzialmente possono corrispondere a determinati stati emotivi. Leggi tutto “How I feel?”

Geometrie di un volto

“Geometrie di un volto” (installazione, tecnica mista su legno 100 x 100 cm)

Nasco come artista figurativa e buona parte della mia prima produzione si concentra su miti della musica degli anni ’60 e ’70. Negli ultimi anni sento che il mio fare encomiastico si è trasformato in pretesto per comporre immagini più complesse che giocano con la scomposizione tendente al pop di volti e di colori, sempre ispirati al sound e al mood della beat generation di cui rimango grande ammiratrice.

Piccolo spazio creatività parte I

“Piccolo spazio creatività – parte I” (installazione, tessere di legno decorate a mano e calamitate su pannello metallico 50x50cm).

Nell’opera Piccolo Spazio Creatività n.1 si compie una timida proposta di fusione tra la poetica ispirata alla revisione dell’antico in chiave pop e quella della partecipazione attiva dello spettatore.

Daniela Musone continua con l’idea di scomporre attraverso tessere e frammenti l’immagine, ma questa volta ci gioca e chiama lo spettatore a fare altrettanto. Per mezzo di calamite la Gioconda iperpop di Daniela diventa un campo di sfida alla creatività di tutti: chiunque può impostarel’immagine seguendo colori e forme differenti. La dimensione ludica accompagna la revisione della memoria culturale condivisa attraverso strumenti semplici e di facile impiego.

Come diceva Einstein: “La creatività è contagiosa. Trasmettila”

Sentimi

“Sentimi” (60×60 cm tecnica mista su tela con inserti di tessuto).

Avrei voluto che questo mio occhio fosse veramente uno specchio dell’anima, immagine della mia sfera interiore e di ciò che va oltre, ma non ho saputo resistere alla tentazione di truccarlo, di aggiungere del glamour e di barare sulla tonalità di verde. Nasce allora l’idea di aggiungere degli inserti di tessuto per poterlo toccare e percepirlo con altri sensi. È un invito ad andare oltre alle apparenze, ad abituarci a vedere anche quello che è nascosto, a sentire anche quello che non viene detto e a comprendere la realtà e le persone attraverso tutti i sensi. Allora quest’occhio diventa uno specchio che riflette la tua immagine e il mondo di te che lo guardi.